Imparare dagli errori: ce lo hanno insegnato da piccoli, ma forse lo abbiamo dimenticato.
Tutti sbagliano, nessuno è infallibile; chi fa sbaglia, chi non fa non sbaglia; non si può non sbagliare mai, l’importante è commettere un numero di errori “sopportabile” (e cosa è “sopportabile” lo decido io, diceva uno dei miei capi). Potrei andare avanti, perché sull’errore si è scritto e si scrive moltissimo.
Io, nelle aziende, cerco di divulgare la Cultura dell’Errore che nasce dal valorizzare e non demonizzare ciò che a tutti capita prima o poi: sbagliare.
Lo sbaglio è vissuto diversamente da ciascuno di noi, perché tocca il vissuto, la forza o la debolezza di ogni carattere ed è per questo che è importante saperlo gestire.
Tuttavia, quello che registro nelle aziende è l’irritazione che suscita non tanto l’evento (lo sbaglio in sé), quanto la causa e la reazione di chi sbaglia.
Sbagliare per superficialità, per distrazione, per incuria, irrita chi poi l’errore lo deve gestire e pagare (in termini economici e di tempo).
Trovare giustificazioni esterne, sempre, irrita chi poi dell’errore deve trovare la causa e risolverla.
Ripetere l’errore frequentemente per gli stessi motivi, irrita tutti quelli che ti stanno attorno e si chiedono se ci sei o ci fai.